Il primo risveglio: La Meraviglia

di Andrés Flores Centeno

Sotto l’ombra di un colosso razionalista, in periferia  fiorentina, si avverte una brezza di contemporaneità da tempo mancata nella capitale toscana. Non si sentono più i rumori delle macchine in fabbrica di una volta, i clacson dei camion per le spedizioni giornaliere, le risate acute delle operaie in pausa. Adesso si percepisce il palpito della cultura, l’arte e la socialità.

 

Con grinta di ripartenza L’Ex-Manifattura Tabacchi di Firenze, sotto la direzione di Sergio Risaliti, presenta il secondo ciclo di residenze per artisti con il titolo: La Meraviglia, in mostra fino al  26 luglio 2020. 

 

Un’esperienza intensa per i sei giovani artisti coinvolti: Davide D’Amelio, Anna Dormio, Bekhbaatar Enkhtur, Esma Ilter, Giulia Poppi e Negar Sh, lasciati liberi ad esplorare il fabbricone di Pier Luigi Nervi e Giovanni Bartoli per ritrovare la propria meraviglia e raccontarne la storia.

 

Presentata come una serie di manufatti artistici disseminati al primo piano dell’ala meridionale del corpo centrale, le voci degli artisti si intrecciano in un dialogo continuo e ritmato. Esse ci trasportano in delle realtà dinamiche, con opere variegate che oscillano dal figurativo allo scultoreo.

 

Il primo intervento sta a Davide D’Amelio (nato a Termoli, nel 1990), il cui lavoro viene caratterizzato dalla stratificazione narrativa. Per lui, la meraviglia è avvenuta in cantina, con la scoperta di un ammasso di giocattoli provenienti dall’asilo del dopolavoro, diventati soggetto ed innesco del suo percorso. Nel trittico “A otto anni Luigi XIII fa un disegno simile a quello del figlio di un cannibale della Nuova Caledonia. A otto anni ha l’età dell’umanità, almeno duecentocinquantamila anni. Qualche anno dopo li ha perduti, ha solo trentun anni, è diventato un individuo, e solo un re di Francia, vicolo cieco dal quale non è mai uscito. Cosa c’è di peggio dell’essere compiuti?” (ancora e ancora Henri Michaux) (2020), montato su due pareti  dalle tonalità del rosa che evocano lo sfondo stesso dei quadri, l’artista riflette sul modo in cui i fanciulli percepiscono il mondo. Così come il bambino disegna il sole davanti al cielo - in maniera intuitiva - D’Amelio compone un gioco di spazialità in ogni tela, creando essenzialmente un dispositivo di visione che mette in crisi delle prefigurazioni dello spazio. Infatti, dal gesto innocuo di un bambino, l’artista costruisce una rottura tra elementi piatti e corpi scenografici a prospettive dilatate, facendo dispetti - in questo caso, anche alla pittura - poiché elementi di prospettiva e ombre distonano con le figure in primo piano. Dal tono naïf, la traslazione suggestiva degli elementi che vengono a definirsi in ombra riporta all’elemento entropico in questione: il piccolo che, come definito da Savinio, resta pursempre un pericolo rosa. 

 

Il lavoro di Esma Ilter (Marmara Ereglisi, Turchia, 1993) indaga la storia e la memoria, attraverso la sua istallazione A far-off look, (2020). Un’evocazione che prende forma di gioco per bambini, questo manufatto attraversabile cerca di ricostruire un ricordo, basato su una memoria fotografica dell’infanzia. L’artista esplora il significato dell’identità, intesa come interazione con lo spazio circostante. Di fatto, la scultura presentata ricorda il pareo che ripara dal sole di luglio, drappeggiato col supporto di due sedie a macro scala, riportando lo spettatore nello spazio eterotopico di una giornata al mare. Le tonalità calde delle cromie, scandite dalla luce ritmica delle finestre rettangolari in sala, ricorda il litorale ed i suoi sapori, ed il gioco di scala dell’oggetto permette di relazionarsi con costui in modo fanciullesco, lo spettatore sentendosi minuto al suo interno.

 

Separati dall’unica scatola muraria presente in sala, il lavoro di Negar Sh (Tehran, Iran) verte sull’identità. In Reflection (2020), l’artista pondera su di essa ed utilizza la cera come linguaggio espressivo che si squaglia. La materia trasparente è simbolo del pensiero del migrante, confuso ed a volte appunto dissolto ed irriconoscibile. In Apolide, (2020), l’artista si approccia alla condizione dell’immigrazione ed alle difficoltà che uno spostamento tale provoca nel migrante. La cera che avanza, spalmata su una scrivania nera, mimica le peripezie del nomade alla ricerca di un futuro senza molte certezze. Ne inserisce anche il suo primo visto Italiano - atteso a lungo - raffigurazione della considerazione come persona valida alla ricerca di nuove opportunità per il proprio futuro. Nella sua interezza, il lavoro cerca di mostrare il processo di inclusione e sacrificio delle identità in questione, facendo anche da schermo ad eventuali condotte razziste.

 

L’artista modense Giulia Poppi (nata nel 1992) esordisce con una struttura scenografica di stratificazione materica: Fanta Vergine Senza Paura (2020). La camera inaccessibile di impianto quadrato, crea un’atmosfera visiva misteriosa e calda. Al suo interno, un blocco cementizio congela un fiore in plastica, che a sua volta viene contenuto in  una struttura a cubo plastificata. La semitrasparenza dell’esterno, che permette non solo di percepire l’interno ma anche il contesto dell’opera, agisce come punto di contatto tra arte e localizzazione, unendo gli aspetti simbolici e misteriosi dell’opera alle sfumature dei pavimenti ed i grigi del cementizio murario caratteristico della manifattura. Questo ambiente complesso ad illuminazione artificiale genera delle sensazioni tattili attraverso la sovrapposizione visiva dei materiali, e la fisicità dell’impianto invita ad una lettura a livelli sfalsati: distante, a causa dell’inaccessibilità; vicina, grazie all’esperienza visiva alla quale i materiali inducono.

 

L’artista Anna Dormio (originaria di Monopoli, Bari, 1994) presenta Boom Boom Papà (2020). Titolo dell’opera che richiama un’espressione dell’infanzia dell’artista, da sempre vicina al mondo della milizia per via dell’attività professionale del padre, titolare di un’armeria. Questo archivio di immagini, accorpate in modo ritmico e spaziato, ognuna con le sue specifiche caratteristiche e personalizzazioni, rivela quanto la decorazione faccia parte del linguaggio delle armi. Da questo, Dormio costruisce una parete decorativa e barocca, una specie di carta da parati composta di sole immagini di armamenti, ritagliate dalle riviste specializzate trovate spesso in casa. La conseguenza è un depotenziamento della micidialità di questi oggetti, riducendo il loro valore ad un accorpamento accessorio, affrontando con leggerezza la crescente diffusione delle armi e la militarizzazione della società occidentale. 

 

Sparse in sala come simboli di buon augurio, l’opera di Bekhbaatar Enkhtur (nato ad Ulaanbaatar, Mongolia nel 1994) dal nome VOLPE (2020). Queste sculture in cera fusione, raffiguranti delle volpi, rimandano ad una tradizione del paese di origine dell’artista. Quando nascono i bambini, una volpe viene posta sulla testata del letto del fanciullo. Risulta come un genere di esorcismo, così che quando passano i demoni, questi seguono le volpi e non si impossessano del piccolo. L’artista dissemina le volpi nello spazio, dove si fondono in dialogo con le opere degli altri artisti in residenza. La manualità dell’artista è evidente nella materia della cera, utilizzata tradizionalmente per fare il negativo delle fusioni.  Queste bestie, a sua volta, scompaiono e si squagliano lungo il percorso facendo riferimento al ciclo continuo della vita: la morte e la rinascita.

 

Conclude così La Meraviglia, ricordandoci quanto ne abbiamo bisogno di risvegliarci dai nostri propri pensieri, meravigliarci della nostra abilità di ricostruire e ricominciare. Conclude e riparte, poiché la mostra coincide con le candidature per l’ultima edizione del programma, quest’anno intitolata L’Armonia. I sei artisti selezionati saranno comunicati a luglio e parteciperanno alle prossime Residenze da settembre a dicembre 2020.

 

 

Informazioni:

 

La Meraviglia

1 giugno - 26 luglio 2020

EX Manifattura Tabacchi

Via delle Cascine, 33-35

Firenze 50144, Italia

 

 

manifatturatabacchi.com